martedì 5 ottobre 2010

VELO SI', VELO NO



Negli ultimi anni, in Italia va avanti un dibattito sulla questione del “velo sì velo no”. Simbolo religioso islamico, tradizione o cultura?

Io sono musulmana, marocchina d’origine, nata in Marocco da una famiglia musulmana, mio nonno andava in moschea il venerdì a pregare, le mie nonne pregavano in casa, durante il Ramadan tutta la famiglia digiuna e condivide la sua colazione di rottura del digiuno con i vicini o con i bisognosi.

Le mie zie si sono sposate giovanissime, due di loro addirittura in età adolescenziale, una zia si era sposata all’età di quindici anni e continuava a studiare, ha dovuto interrompere quando era rimasta incinta, l’altra si era sposata all’età di diciassette anni, i miei zii si erano sposati in età adulta dopo la loro laurea e con l’inizio della loro carriera lavorativa, tutti i miei zii si sono sposati con le loro compagne di università, con il loro primo amore, tutti i miei parenti sono ancora sposati e tutti monogami.

La mia famiglia è una famiglia musulmana, le mie nonne coprono i capelli con il foulard per nascondere i capelli bianchi, ma il foulard viene lasciato nell’armadio quando si recano a delle feste o a dei matrimoni, le mie nonne sono state entrambe alla Mecca per il pellegrinaggio, anche mio nonno era stato alla Mecca.

L’unica donna in famiglia che porta il velo è mia zia Maria, suo marito glielo impose dopo il suo primo viaggio alla Mecca, lì incontrò degli sciiti iraniani che lo convertirono all’islam radicale, una volta rientrato in Marocco impose a mia zia il velo, mio nonno non c’era più, mio zio era certo che mio nonno non glielo avrebbe mai permesso, i miei zii erano troppo giovani per difendere mia zia da quel marito padrone, in famiglia tutti soffrivamo per la sua condizione, mia nonna un giorno chiamò suo genero per parlargli e chiedergli di rivedere le sue posizioni, ma lui l’accusò di non essere una buona musulmana e che non dava il buon esempio alle sue figlie e ai suoi figli, allora mia nonna gli chiese di lasciare quella casa, lui di pronta risposta le disse che non sarebbe stata accolta in casa loro. Da quel giorno tutti noi soffrimmo per la zia Maria, alle feste ci mancava, i venerdì quando ci recavamo a mangiare il cous cous dalla nonna il suo posto a tavola era vuoto, a me personalmente mi mancava tantissimo perché era anche la mia madrina, mi mancava anche mia cugina. Dopo un anno si separazione forzata, mia madre decise che saremmo andati a trovarli, ero felicissima di rivedere finalmente mia zia e i miei cugini, entrammo in casa, c’erano i miei cugini, mio zio era al lavoro, mia zia era bellissima e indossava un abito rosa con le spalline ricamate a fiori, mia zia assomigliava moltissimo alla mia bisnonna cretese, era bianchissima, con le guancie sempre rosse, capelli mossi ondulati fino alle spalle castani e gli occhi viola, in famiglia era soprannominata Lizzy ( come la Taylor), in casa i miei cugini ascoltavano gli Wham!, mia cugina faceva i compiti, furono tutti contenti della nostra visita, mio cugino maggiore disse a mia mamma che voleva stare un po’ all’inferno prima che arrivasse suo padre e lo riportasse in paradiso, lo zio diceva ai figli che la musica pop, disco, insomma la musica in genere conduce gli ascoltatori all’inferno e che in casa bisognava solo ascoltare le audiocassette del Corano, mia madre si mise a ridere, io chiesi a mia zia di prendermi in braccio, la abbracciai forte, volevo rinchiuderla tra le mie braccia e portarla via in un mondo lontano dove mio zio non l’avrebbe trovata, ad un tratto le chiesi se il velo le faceva caldo, mi sorrise e mi disse che si era abituata, mentre mia cugina urlò che lo odiava! Lì capii quanta sofferenza provavano, quanto si sentivano emarginate, lo zio impedì loro di frequentare la nostra famiglia, lo zio obbligò mia cugina di soli dodici anni a ritirarsi da scuola, mio zio obbligò la zia a non uscire più di casa sola a fare la spesa, poteva uscire o in sua compagnia o in compagnia dei figli. Lo zio impediva ai figli di ascoltare la loro musica preferita, impediva loro di andare in piscina, li obbligava a pregare e a leggere il Corano.

Noi per fortuna continuammo a frequentare mia zia, un giorno in Marocco Pesach cadeva con la festa di fine Ramadan, e noi eravamo da mia zia a festeggiare la fine di Ramadan, nella strada sotto la casa di mia zia c’erano tantissimi rami di palma, io ero affascinata da quello spettacolo, chiesi a mia zia perché c’erano quei rami di palma, mia zia mi disse che era Pesach, una ricorrenza molto importante per il popolo di Dio, mio zio aggiunse che non erano più il popolo di Dio perché avevano disobbedito a Dio, allora io gli chiesi in quale versetto del Corano si evince ciò, mi rispose che non era scritto da nessuna parte, allora io aggiunsi, mamma e mia zia dicono sempre che gli ebrei sono il popolo di Dio, un musulmano se smentisce la parola divina commette peccato! Mi guardò a lungo con uno sguardo cattivo e aggiunse che lui ne sapeva più di me, io gli risposi che si sbagliava, se si considerava un buon musulmano non doveva cambiare la parola divina, mia zia mi disse di andare in sala che tra un po’ si serviva a tavola. Andai a cercare mia cugina in camera sua, la trovai in lacrime, le chiesi perché piangeva, mi disse che odiava il suo abito di festa perché era troppo lungo, lei voleva mettersi una gonna al ginocchio, ma portando il velo non poteva permetterselo.

Soffrivo per lei tantissimo, nel suo velo vedevo le sue lacrime, le sue rinunzie allo studio, le rinunzie alle sue amiche, ai suoi sogni e alle sue speranze.

Mia zia aveva accettato la sua condizione, ma soffriva per sua figlia, i miei cugini non potevano sopportare quelle oppressioni e un giorno partirono per gli Stati Uniti per non ritornare più, cercarono invano di portare via con loro mia cugina, ma non ci riuscirono perché era minorenne.

Quando decidemmo di partire per l’Italia, mia cugina mi salutò in lacrime, dicendomi :“non credere mai che una donna è felice di velarsi, ogni donna privata della scelta è una donna non libera”.

Non dimenticherò mai il giorno in cui chiesi a mia zia se era vero che nel Corano Dio ordinava alle donne di velarsi, mi rispose che la moglie di Maometto, la più giovane Aicha, era una donna che lo seguiva ovunque ed era presente nei campi di battaglia per curare i feriti, non mi disse mai che era velata e vestita di nero, da allora all’età di sei anni capii che non era un precetto islamico, ma una imposizione degli uomini per sottomettere le donne.

Io musulmana figlia di una famiglia musulmana soffriii per anni con la mia famiglia la sottomissione al velo di mia zia e di mia cugina, per anni mia nonna soffriva in silenzio per mia cugina, per anni mia nonna riteneva che il velo per mia cugina sarebbe stato un ostacolo ad un suo matrimonio, mia cugina si è sposata l’anno scorso all’età di 36 anni con un amico di suo padre.

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